Erri De Luca: Questo libro somiglia a un’isola. La prefazione a Un filo di voci
E’ stata insieme una bella sorpresa, un piacere, un grande onore avere, in apertura di Un filo di voci. Trentadue scrittori dal mondo la prefazione di Erri De Luca. Ci conosciamo da tanti anni, probabilmente una cosa che ci ha avvicinati è stata la comune amicizia con Gianmaria Testa e un’esperienza vissuta insieme pochi giorni dopo il terremoto de L’Aquila, nel 2009: ripresi con la troupe per due ore un incontro in una tendopoli, dove raccontò la sua esperienza del terremoto a Napoli e molto altro. Ne vennero fuori due puntate di un’ora di trasmissione su Rainews24, non c’era nulla da tagliare.
Nell’andare a trovarlo un giorno a casa sua, a giugno scorso, per chiedergli una dedica del suo ultimo libro (splendido) A grandezza naturale, gli ho portato le quasi trecento pagine stampate al computer del mio testo e gli ho detto che mi avrebbe fatto piacere sapere cosa ne pensava e, nel caso gli fosse piaciuto e avesse avuto tempo, se poteva scrivermi la prefazione. «Quanto tempo ho per decidere?» «Cinque-sei giorni.» Solo trentasei ore dopo, aprendo la posta, ho trovato il testo di questa prefazione, senza nessuna parola di troppo, nell’essenzialità che contraddistingue il suo essere e la sua scrittura. Miglior dono non potevo attendermi. E’ insieme una prefazione e una recensione. Non a caso in copertina, sotto la spirale con l’elenco degli autori, l’editore Castelvecchi ha deciso di riportare la frase finale della prefazione, con il paragone fra questo libro e un’isola nel mare agitato del Novecento. Sono lieto di pubblicarla per coloro che ancora non conoscono questo libro.
Ha incontrato un bel po’ di persone interessanti, Luciano Minerva nella sua professione di chi fa le domande. Il punto interrogativo s’impara da bambini, ma solo pochi adulti poi lo sapranno porgere.
Per interrogare scrittori la sola maniera di ottenere risposta è leggere i loro libri. Sembra ovvio, invece è raro, almeno qui da noi, che un giornalista intervisti un autore dotandosi della lettura necessaria. Più frequente è sentirsi rivolgere, da parte di chi non si è scomodato a sfogliarlo, la domanda: di cosa parla il suo libro? Risposta adeguata sarebbe: se lo legga. Inoltre il libro non parla, per sua natura è muto, a meno che non sia un audiolibro.
Luciano Minerva è all’antica. Ha scrupolo di documentarsi. È stato lanciato in mezzo agli scrittori da tutt’altra bottega, occupandosi di cronache sportive. Fu spedito a uno dei primi festival di letteratura di Mantova, prototipo dei molti successivi. Tornò con un’intervista esclusiva a David Grossman, un esordio trionfale.
Non ripete in serie le domande, non ha una griglia da sovrapporre all’incontro di turno. Esprime la sua curiosità partendo dalle parole dello scrittore. Posso confermare che questo è lusinghiero per l’intervistato, messo di fronte alle sue stesse frasi. Consola sapere che alcune di esse sono state ricopiate, riprese, restituite con la richiesta di una spiegazione, di un commento.
La lista della trentina di celebrità qui riunite è sontuosa. Si può invidiare a Luciano Minerva queste frequentazioni? Da parte mia no, degli scrittori mi interessano le pagine, non loro. Con qualcuno magari avrei bevuto volentieri una birra in piedi al bancone di un bar. Qualcuno, qui non convocato, l’ho conosciuto, ma per occasioni non letterarie.
Un bel po’ di questi illustri li incontro qui per la prima volta, così mi istruisco, mentre li ascolto. Li ascolto: ci sono le loro voci nella riduzione dell’impaginato. Perché Luciano Minerva li stana, li porta fuori dalla routine delle interviste, li invita in uno spazio che stimola a divagare, arte a parte di chi scrive storie. Grazie a questo libro mi sono trovato a fare un riassunto di celebri forestieri (Fo e Merini inclusi) le cui firme stanno esposte sugli scaffali del mondo.
Si ha l’impressione che gli incontri siano stati lunghi, con pause di silenzi non incalzati, da dover riempire. Fanno parte del tempo di una visita. Le domande sono un avvicinamento che si realizza sul posto e sul momento. Lui si sporge sulla persona davanti e fa succedere l’incontro. Non dev’essere ossequioso, deve ottenere l’equilibrio di star da pari a pari.
Nella composizione dell’insieme Luciano Minerva ha profittato della sua competenza televisiva, incastrando, col metodo del montaggio, tra loro e a loro insaputa le voci suscitate dai suoi punti interrogativi. Da Eduardo Galeano in poi ci si avvicina a dei singoli che hanno voluto essere molteplici attraverso le loro scritture.
A che somiglia questo libro? A un’isola, intorno preme, come un mare agitato, il 1900.
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