Thich Nhat Hanh, Maestro di pace

Ad aprile 2003 Thich Nhat Hanh, monaco buddhista vietnamita, poeta e scrittore, venne a Castelfusano per un ritiro a cui partecipavano 900 persone. “Posso intervistare il Maestro?” chiesi con il dovuto anticipo all’ufficio stampa del ritiro spirituale, usando la formula di cortesia e rispetto (Thai, il Maestro) in uso fra praticanti e monaci. Ebbi, per fortuna, la più strana risposta che mi sia mai capitata a una richiesta di intervista: “Le sarà possibile intervistarlo solo se seguirà e parteciperà, almeno come osservatore, al nostro ritiro di cinque giorni. Solo così saprà meglio cosa chiedere e potrà rivolgergli domande più interessanti.”

L’intervista nel video delle Teche Rai venne dunque dopo quattro giorni di ritiro, il primo a cui abbia partecipato, considerandola “una buona occasione”, come amava dire Terzani. E’ una tra le esperienze più intense che mi porto dentro. Il testo integrale in pdf è nella stessa pagina delle Teche.

Un ampio racconto di quest’incontro si può trovare ora in Un filo di voci. Trentadue scrittori dal mondo, nel capitolo “La parola nasce dal silenzio”, con Tiziano Terzani, David Grossman e Chan Khong. Questo è un brano del capitolo:

Quando, con un vero e proprio “ciak si gira” che derivava dall’esperienza di Paolo Bravi, si accese la telecamera e iniziò il dialogo, lasciai da parte le pagine di appunti che avevo preso dai suoi libri e mi vennero, senza alcuno sforzo o ricerca intellettuale, le “domande giuste”. Come questa, seguita da una risposta che solo lui poteva dare e che fa comprendere bene il termine, interessere[1], che aveva scelto negli anni Cinquanta per definire la sua scuola di buddhismo impegnato.

In un incontro con la stampa lei ha dato ai giornalisti un insolito suggerimento. Ha detto: «Potreste intervistare il pino». Accolgo il suo suggerimento. Chiedo a lei, che sa ascoltare ed è un poeta, di fare da interprete per questa domanda che vorrei fare al pino secolare che abbiamo davanti: «Come vedi da lassù le guerre tra gli uomini e quali consigli puoi darci?»

«Se abbiamo del tempo per ascoltare, nella nostra vita quotidiana sempre impegnata, naturalmente potremmo sentire molte cose: quando guardi il pino puoi vedere in lui te stesso, perché ciò che tu respiri lui assorbe e lui, a sua volta, ti offre nello stesso momento altri elementi che tu assorbi. Se l’albero non fosse qui, tu non saresti qui e questo dimostra la natura dell’inter-essere tra te e l’albero. Potresti dire: “Caro albero, tu sei qui, ed è per questo che io sono qui”. E lui potrebbe rispondere: “Sì, sono d’accordo, so che se tu non fossi qui neanch’io potrei essere qui, perché noi abbiamo bisogno di gente che sappia come proteggere questi alberi, e questi alberi sanno che molti di noi sono consapevoli che la vita, il presente degli alberi è cruciale per gli uomini. L’albero sa che ci sono persone che vogliono distruggerlo e persone che cercano di proteggerlo. Il pino ha una lunga storia da raccontarti e tu hai una lunga storia da raccontargli, ma il problema vero è se tu hai il tempo. Molta gente non trova il tempo per il dialogo e per questo c’è un errore di comunicazione che porta molta sofferenza: si soffre per la mancanza di comunicazione tra l’uomo e il pino, tra l’uomo e l’uomo, e così via.»

Quando parla in pubblico e quando conversa in privato Thich Nhat Hanh trasmette, con il suo parlare lento, con la voce e l’espressione del viso, uno stato di calma, serenità e forza. Avverti che non c’è una sola parola fuori posto, che quello che dice è frutto di uno stato di profonda consapevolezza, di un’esperienza diretta di ascolto e comprensione della vita, propria e degli altri.

[1] «Nel buddhismo – spiega Thich Nhat Hanh in Una chiave per lo zen – la genesi prende il nome di ‘interessere’. La nascita, la crescita e il declino delle cose non dipendono da un unico presupposto ma da una serie di cause e condizioni. La presenza di una cosa (dharma) implica la presenza di ogni cosa.»

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Città Isaura

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