La terapia del respiro. Un libro (da non perdere) di Silvia Biferale

Quando con Ilaria Drago abbiamo ideato Il senso del respiro e messo a punto l’elenco dei possibili autori, nessuno dei due conosceva ancora il libro La terapia del respiro di Silvia Biferale, né abbiamo consultato preventivamente la bibliografia sulla materia. Poi, grazie ai suggerimenti di amici comuni, l’ho scoperto e trovo necessario scriverne su questo sito, su cui i temi del respiro sono diventati centrali.


L’autrice, terapista della riabilitazione, si è specializzata come terapeuta e pedagoga del respiro e terapeuta della voce. Il campo principale in cui opera è quello musicale, tanto che il sottotitolo del libro, pubblicato per la casa editrice Astrolabio nel 2014, ma sempre disponibile in libreria, è “Dall’esperienza sensoriale all’esperienza musicale”. Ma la sua lettura è essenziale per chiunque voglia conoscere i segreti di questo nostro strumento di vita che troppo spesso diamo per scontato ignorandone le potenzialità.
Nella prima parte Silvia Biferale descrive la fisiologia della respirazione per delineare i contorni del corpo di cui il libro si occupa: “il corpo che sente, ascolta, apprende, ha memoria, è in relazione”. Il respiro è descritto come movimento che è azione, atto motorio. Prendendo come base gli studi di Ilse Middendorf, mette l’accento sulle tre fasi del respiro: oltre alle due di cui sempre si parla, inspirazione ed espirazione, l’autrice invita a fare particolare attenzione alla pausa, quella “condizione di quiete prima che nasca un nuovo respiro”, una “forma di attesa che separa le due fasi respiratorie scandendone il ritmo”.
Rimandando il lettore curioso al testo, per tutto quanto riguarda le parti più legate allo specifico musicale, utilissime anche per i non specialisti, che occupano la seconda metà del libro, mi soffermo sui temi della prima parte, in cui è centrale proprio il concetto di “pausa”, quel momento del ciclo respiratorio in cui “i polmoni e il torace assumono una posizione di equilibrio paragonabile a quella di una molla che non è né compressa né messa in tensione”. L’autrice cita qui la psicanalista inglese Marion Milner: “La cosa più difficile, scoprii, era aspettare, alla fine dell’espirazione, che il bisogno urgente di inspirare aria nuova sorgesse da una zona profonda, al di sotto del diaframma, perfino al di sotto della zona cosciente, […] un compito assai difficile, però, giacché il nuovo respiro spesso saliva lentamente, e si doveva sfidare la paura che non salisse affatto”. “L’ascolto del ciclo respiratorio – scrive Silvia Biferale -, impone l’ascolto di un movimento vitale, che si rinnova ogni volta, al quale ci si può affidare solo se si affronta il timore che non torni. Questo vissuto, a ben pensare, è legato a tutti i contesti di ascolto.” Ed ecco che l’ascolto del proprio respiro ( se va oltre quella strana paura della pausa) porta all’ascolto del corpo e della risonanza che in esso ha la voce, in un dialogo costante fra tono e distensione. Il percorso di terapia dei musicisti (e non solo) permette “di mettere in relazione il respiro con il movimento e con il suono, a esplorare gli infiniti legami tra il movimento il suono, tra il tono e la voce, tra il respiro e il gesto”. E ancora, il tema così rilevante della fase di pausa del respiro può ricollegarsi all’importanza delle pause musicali tanto importanti negli spartiti, nelle esecuzioni musicali, nel canto. (Ho sempre trovato suggestiva e geniale la scelta della pausa musicale come simbolo araldico di Isabella d’Este, tra le più grandi umaniste del Rinascimento.)
Il percorso del libro prosegue con i capitoli su respiro e postura (“tutti i muscoli variamente inseriti sulla colonna vertebrale sono muscoli accessori della respirazione”), con osservazioni sulla pelle (“non solo respira e traspira, ma, nel far ciò, si dilata e si restringe seguendo il ritmo e la profondità del respiro”), sulle funzioni di appoggio, sostegno, movimento, concetti essenziali usati quando si parla dell’emissione della voce e dei suoni. L’appoggio della voce, ad esempio, viene definito come “il tono corporeo necessario per permettere alla colonna d’aria di mettere in moto le corde vocali. […] L’appoggio si trova nel suono stesso”.

  (Nell’immagine, l‘autrice del libro, Silvia Biferale)
Alla luce di queste riflessioni, qui solo accennate, si possono comprendere meglio e più a fondo le esperienze dirette narrate da alcuni degli autori de Il senso del respiro (penso ai capitoli di Giovanna Marini, di Orazio Sciortino o Michele Gamba, solo per fare degli esempi).
Tra le molte perle del libro ci sono alcune citazioni. Mi piace riprendere  una parte della descrizione dell’ascolto (“Premessa del lavoro artistico: la passività ricettiva”) ripresa dal libro di Stefania Salvadori Come si forma un’immagine e la sua relazione con le radici del pensiero:
Uno stato interiore svuotato al pensiero volontario, disancorato per quanto possibile dalla coscienza e dalle sue barriere, il silenzio come spazio di attesa. Mi immergo nel corpo che respira (Psyché, soffio in-spirato dall’esterno, i miei sensi aperti verso il mondo).
A questo punto posso essere colpita.
E’ un urto – una forma, parola, colore, un movimento mi coglie di sorpresa. E’ il corpo che è coinvolto. Uno stimolo si impone fra tanti, a volte sottovoce. Il mio vissuto è di non essere soggetto, piuttosto un’eco che risuona. Non decido, non scelgo. Accolgo quello che si fa sentire senza giudicare.”
Considero insomma La terapia del respiro di Silvia Biferale una lettura che, oltre a intrecciarsi bene a quella del libro da noi curato, edito da Castelvecchi, può arricchirla. Regalando a tutti nuove possibilità di ascolto e conoscenza del respiro, la nostra risorsa più preziosa. (l.m.)

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Città Isaura

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