Orazio Sciortino: Il respiro del compositore

Tra i musicisti che hanno contribuito a Il senso del respiro c’è un compositore (e pianista): Orazio Sciortino. Nello scrivere non ha potuto che partire dalla “mancanza di respiro” che ha avvertito nella sua attività nel periodo di confinamento.

Non sarei capace – scrive nel capitolo inttitolato “Il respiro e le ragioni del comporre” – di concepire la composizione musicale come mera emanazione del pensiero, privata quindi di “respiri”, dell’arte degli incontri, di qualcosa di molto fisico, tangibile. Ho provato a chiedermi cosa muova la mia necessità di scrivere, di suonare, così come ho provato a chiedermi perché, costretto in casa da un lockdown, quasi non trovassi più il senso di farlo. Mi mancava il respiro.”

Per lui la musica è sempre stata passione per la composizione, fin da piccolo. La sua origine è siracusana, con quelli che individua come probabili frammenti dell’antica Grecia nel dna, per l’influsso dell’elemento dionisiaco che avverte nel suo modo di pensare. Figlio di un infermiere e di una donna che si occupa di ragazze madri, ha sempre sentito la musica come “uno stato naturale”. “Fino ai sette anni – racconta in un’intervista rilasciata a Corrado Beldì per Zero Milano – avevo una grande passione per i grammofoni. Volevo fare l’elettricista. Poi chiesi ai miei genitori una pianola. Suonavo a orecchio fino a quando mi mandarono da un maestro di fisarmonica. Lui mi faceva giocare con la musica e così imparai a leggere, ma anche a scrivere. Comporre mi è sempre risultato naturale: un’operazione intellettuale, che permette di indagare diversi aspetti della creatività.” A un concorso pianistico conosce il compositore Fabio Vacchi che lo invita a studiare con lui al Conservatorio Giuseppe Verdi. E da allora vive a Milano, dove, tra l’altro, ha presentato al Teatro alla Scala la sua Gattomachia, favola musicale per narratore, violino concertante e archi.
Il suo spirito dionisiaco si manifesta, oltre che nel suo modo di comporre, nella tendenza naturale a generare alchimie fra le diverse arti: cinema, letteratura, teatro, pittura.  Alchimie fra i vari elementi che gli piace generare anche in cucina, la sua grande passione accanto alla musica. “Gli amici migliori devono avere un gusto per la buona tavola. Posso frequentare qualcuno che non ama la classica, ma non potrei mai passare del tempo con qualcuno che non è una buona forchetta.” Probabilmente anche questo appartiene al senso della “forma”.  Come scrive ancora nel libro Il senso del respiro: “Come un palazzo per reggersi ha bisogno di un progetto ben preciso, di conoscenze scientifiche, così un brano musicale ha bisogno di una forma, di un’architettura che lo regga. La gravità e le leggi della fisica stanno ad una costruzione architettonica come il tempo sta alla musica.
Due suoni di diversa durata accostati tra loro danno vita ad una forma, e costituiscono una sorta di “embrione” strutturale di tensione e distensione. ‘Arsi’ e ‘Tesi’ si chiamavano nella metrica classica, tempo debole e tempo forte, da cui in musica il concetto di ‘levare’ (debole) e ‘battere’ (forte).
Come il respiro, la musica, o più in generale un insieme di suoni, si articola nel tempo, ed è il tempo che determina una struttura musicale e la sua percezione. Questo per me è il respiro, metafora di un’architettura musicale.”

Il pianista e compositore è iontervenuto al Conservatorio di Milano, il 13 novembre 2020 alla presentazione de Il senso del respiro nell’ambito di Bookcity Milano 2020. Il suo intervento lo si può vedere a 33’45” di questo video.

Per conoscere meglio Orazio Sciortino e scoprire di più su di lui rimandiamo al sito oraziosciortino.com.

 

Città Isaura

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