L’età dell’entusiasmo. Un prezioso libro di Angela Terzani Staude

E’ la storia di una donna, è la storia di una coppia, è la storia di un’epoca. Il tutto è riassunto nel bel titolo, “L’età dell’entusiasmo”, e nel sottotitolo, “La mia vita con Tiziano”.

Ha impiegato molti anni Angela Terzani Staude per dare alla luce questo libro edito da Longanesi e leggendolo si può ben comprendere perché. Perché Angela ha vissuto una vita che, vista dall’esterno, si potrebbe definire un romanzo o, meglio ancora, un romanzo di formazione. Ma che invece è vita reale, vissuta in prima persona da chi è stata testimone diretta della storia vista da tre continenti, Europa, Stati Uniti, Oriente. Dunque il libro si presenta al lettore come romanzo di formazione, autobiografia, storia di un grande amore e racconto di un periodo storico che va dal 1939, anno di nascita dell’autrice, al 1975, quando le truppe nordvietnamite entrano a Saigon, risultato solo apparente di un cambio di direzione della storia del mondo.
Questa età dell’entusiasmo è quindi l’età sua e quella di tutti coloro che quegli anni così dinamici hanno (abbiamo) vissuto anche attraverso le corrispondenze, le testimonianze, i racconti di Tiziano Terzani. Al centro della narrazione però non è Tiziano, come illustra bene (accade raramente) la stessa copertina: nella foto in bianco e nero di loro due la figura a colori è quella di Angela, quella di Tiziano è decentrata e si vede solo a metà.
Angela racconta colori e sfumature del proprio vissuto e se nel breve capitolo di avvio mette al centro il primo incontro di lei diciottenne con “una persona insolitamente affascinante e del tutto irraggiungibile”, il nastro narrativo si riavvolge subito verso i suoi primi anni di vita, in una famiglia in cui si intrecciano radici di culture tedesca e francese, con addentellati ad Haiti e la scelta, da parte del padre pittore, dell’Italia e di Firenze come luoghi d’arte in cui vivere. Fino alla guerra, quando il padre viene richiamato alle armi e la famiglia va in Germania. Qui iniziano per il lettore le scoperte, come la totale chiusura delle frontiere tedesche nel dopoguerra, tanto che la famiglia Staude è la prima, grazie a uno stratagemma, a lasciare ufficialmente la Germania, a fine 1947. E si possono cogliere le connessioni di questa famiglia multiculturale con tutto il mondo scientifico e artistico dell’epoca, che si presentano perfino, ad esempio, sotto forma di un pianoforte appartenuto ad Albert Einstein e donato da sua sorella al padre di Angela.
A quindici anni la donna comincia a scrivere i suoi diari ed è anche grazie a questi che può ricostruire fin nei minimi particolari la sua storia, che dai vent’anni in poi scorre accanto a quella di Tiziano, con la comune  “voglia di buttarsi nell’avventura”, quella della conoscenza e della vita, con un legame che si rinsalda tra Monaco, dove lei studia e Pisa, dove studia lui. Un incontro di due vite che si consolida prima per lettera, poi per telefono e in incontri sporadici, nei dubbi tra la scelta dell’indipendenza e un impegno d’amore, finché, racconta Angela, decide di “balzare sul suo carro. Perché il carro era suo e alla guida ci sarebbe stato lui, questo mi fu chiaro fin dall’inizio e non l’ho mai messo in discussione”.
Tutto il loro percorso ruota prima intorno a una poverissima borsa di studio, a Leeds, dove vivono in una casa con bagni in comune e a volte senza neppure i soldi per il carbone. Poi passano un periodo a Ivrea, dove Tiziano viene assunto per vendere macchine da scrivere e Angela traduce libri di psicoanalisi dal tedesco.  E proprio dal girare il mondo per vendere macchine da scrivere comincia l’avventura di viaggiatori nel mondo di Tiziano e Angela, che si sposano nel comune di Vinci, dove trovano “il solo sindaco comunista dei paraggi”. E’ lei a intuire per prima che il lavoro di Tiziano può essere quello di giornalista, quando lui nemmeno ci pensava (e …quella volta si arrabbiò).
I primi sono per entrambi anni di disorientamento, di ricerca di una ragione di vita che si basi sulle alte idealità dei tempi, quelli che precedettero le grandi lotte degli anni Sessanta. Con “una disperata voglia di libertà”: ogni capitolo ha un titolo, come questo, che accompagna il percorso dell’autobiografia e del lettore; altri esempi? Correre per il mondo a cercare verità, Con le ali ai piedi, America amata, America odiata. Grazie ai corsi per venditori di macchine da scrivere Tiziano, quasi sempre con Angela, vola a Copenaghen, Lisbona, Città del Capo, in Australia, a Timor, a Singapore, e non solo. E, a partire dal viaggio in Sudafrica, dove non può fare a meno di scrivere, testimoniare e denunciare le condizioni dell’apartheid, scopre la vera vocazione di giornalista e corrispondente.
Una nuova borsa di studio li porta alla Columbia University, grazie alla quale i due vivono da vicino, dal 1967 al 1969, la stagione delle rivolte studentesche, dei figli dei fiori, degli assassinii di Robert Kennedy e Martin Luther King, delle proteste contro la guerra in Vietnam. Stare fermi non è da loro, ovunque siano prevale la sete di conoscenza. Il viaggio coast to coast, in cui per dieci giorni dormono nella loro Chevrolet, ci viene narrato direttamente attraverso le pagine di diario di Angela, che ce lo fa vivere al presente. In California Tiziano studia il cinese con una full immersion di due mesi, poi dagli Stati Uniti Tiziano comincia a scrivere corrispondenze per l’Italia, Angela si appassiona al teatro nero. “Lavoro a casa e nelle biblioteche” scrive. “Più leggo quello che scrivono i neri e più vorrei farli parlare ancora. Ma è proprio questo è quello che gli americani bianchi, anche quelli liberal, non vogliono. Una voce nera in mezzo a un coro bianco sì, Un coro nero no. Un teatro nero, no. […] E’ rimasta una questione di potere.”  Di ritorno dagli Usa, Tiziano lascia l’Olivetti per dedicarsi solo al giornalismo. Deciso a diventare corrispondente dall’Asia, per essere più vicino alla sua amata Cina e per seguire la guerra in Vietnam, non trovando ascolto, gira per l’Europa per proporsi a vari giornali, finché trova una risposta positiva in Germania. E da corrispondente per Der Spiegel si trasferisce con famiglia (intanto sono nati i due figli Folco e Saskia) a Singapore. Angela trova nella scrittura dei diari quella “stanza tutta per sé” di cui parla Virginia Woolf. “– racconta – ho sempre ritrovato il filo di me stessa nei Paesi di cui non parlavo la lingua, in cui non avevo radici o la possibilità di trovare un lavoro che mi desse una mia identità accanto a quella straripante, travolgente di mio marito.” Ed è grazie a questa preziosa abitudine che possiamo avere una testimonianza non solo della vita quotidiana dei corrispondenti di guerra, ma di che cosa significa e cosa si prova ad essere testimoni di grandi mutamenti dei Paesi e delle comunità a causa delle guerre. “Mi sento come la moglie di un soldato e non mi diverte – scrive al padre. –  Il rombo e le formazioni dei bombardieri americani mi ricordano le incursioni dei bombardieri inglesi sullo Schleswig-Holstein in Germania, alla fine dell’ultima guerra. Ci rifugiavamo nel bosco, ricordi? Eri soldato, eri venuto in licenza, non mi aspettavo che una guerra simile potesse ripetersi in Vietnam.”
A proposito delle relazioni personali che si determinano in quelle situazioni l’autrice scrive: “La guerra alterava tutti i rapporti, intensificandoli o distruggendoli. Bisognava essere chiari nelle mete e ferrei nei valori, come Tiziano. Bisognava saper vivere su due binari paralleli, quello dei sentimenti e quello del lavoro, mantenendo ordine in entrambi per non bruciare tutti i ponti e perdersi per strada”. La scrittura di Angela Terzani Staude è piana e intensa, descrive insieme fatti e sensazioni personali. Sono toccanti le pagine che raccontano di amicizie grandissime come quella di entrambi con Bernardo Valli, e il segreto del loro vivere, negli intervalli tra una presenza nelle zone di guerra e l’altra, “nella quiete dei nostri giardini: avevamo capito che eravamo come i bambini e che la felicità stava con i balocchi e l’amico del cuore“.
Il legame con Tiziano, segnato dall’alternarsi di periodi di vicinanza e lontananza, resta sempre come in filigrana nelle pagine di un libro che è anche un lungo diario di viaggio. In una nota sul diario dagli Usa Angela scrive: “Mentre mangiavamo un hot dog in strada, abbiamo ricordato i viaggi già fatti insieme e ci è venuta voglia di farne ancora. Così ci sradicheremo sempre di più da una terra precisa, ma ci radicheremo ancor di più uno nell’altra”.
Il libro, impreziosito da molte fotografie, si conclude, si è detto, con i giorni della conquista di Saigon da parte dei nordvietnamiti, di cui Terzani fu pressoché unico testimone occidentale. “Fu l’esperienza più forte della sua vita anche se, alla fine, proprio in ragione delle grandi aspettative che vi aveva riposto, si dimostrò la più deludente.”

Le pagine di L’età dell’entusiasmo fanno da ideale contrappunto ai libri di Tiziano, che raccontano gli eventi, i fatti, le piccole storie capaci di far comprendere la grande Storia.  Qui invece, con la stessa capacità di raccontare il macrocosmo e il microcosmo, è come leggere il “dietro le quinte” delle stesse piccole e grandi storie, cose di cui Tiziano ha parlato, a sua volta, con molta discrezione, solo nei suoi diari postumi (Un’idea di destino, Longanesi). E’ come se il loro dialogo fitto fitto durato quasi cinquant’anni (“ci confidavamo i nostri più reconditi pensieri, le nostre più piccole annotazioni, e se non lo avessimo fatto forse non saremmo rimasti insieme”) continuasse ancor oggi attraverso le pagine dei loro libri, con i lettori a far da testimoni attenti e silenziosi. (l.m.)

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Città Isaura

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