Robert Louis Stevenson
Biografia Figlio unico di Thomas Stevenson (1818-1886), ingegnere edile specializzato nella costruzione di fari, temperò la malinconia e la durezza del carattere scozzese con il brio e la gaiezza che gli derivavano dall’origine francese della madre, Margaret Isabella (1829-1897), figlia del reverendo Lewis Balfour (1777-1860), parroco di Colinton. Sia la madre che il nonno avevano problemi ai polmoni, con febbre e tosse frequenti. Si è parlato di sarcoidosi, tubercolosi o bronchiectasia, e comunque d’una eredità scomoda per il ragazzo che era spesso malato e aveva necessità di trascorrere parecchi mesi all’anno in un clima più salubre, come quello della Francia meridionale. Anche la sua inquietudine di viaggiatore e la costante magrezza erano per lui legate alla salute. Dalla sua infanzia si portò sempre caro però il ricordo di un’infermiera, Alison Cunningham, detta “Cummy”, alla quale dedicherà poi un libro di versi, ma che contribuì a sviluppare la sua fantasia raccontandogli molte storie che non lo facevano dormire e allo stesso tempo lo affascinavano oltre misura. Quando s’iscrisse, secondo la tradizione familiare, alla facoltà di ingegneria dell’università di Edimburgo, lo studio passò presto in secondo piano, preferendo dedicarsi alla letteratura. Portava i capelli lunghi e vestiva, come il cugino Bob, da artista, e benché accompagnasse d’estate il padre nei suoi viaggi d’ispezione lungo le coste e i fari, finì con il cambiare facoltà verso giurisprudenza e poi abbandonare gli studi. Nel 1871 cominciò a collaborare come letterato alla Edinburgh University Magazine e a The Portfolio, da cui si fece pubblicare alcuni saggi. È solo nel 1878, tuttavia, con la pubblicazione di An Inland Voyage – impressioni di un viaggio in canoa attraverso i fiumi e i canali della Francia settentrionale – l’analogo resoconto dei Travels with a Donkey in the Cevennes (Viaggi con un asinello attraverso le Cevenne), che egli riuscì ad affermare il suo geniale spirito d’osservazione e il suo delizioso umorismo, arricchitosi anche con letture francesi. Durante un viaggio conobbe Fanny Van de Grift (1840-1914), un’americana separata (da tale Samuel Osbourne) e madre di due figli (Isobel e Lloyd Osbourne) della quale si innamorò e, nonostante il parere avverso dei suoi, decise di seguire nel suo viaggio di ritorno in California. I due si sposarono a San Francisco nel 1880. Frutti del viaggio furono The Silverado Squatters (1883), Across the Plains (1892) e The Amateur Emigrant (1895), pubblicati più tardi. Ritornato in Europa nel 1880, Stevenson entra in una fase di grande attività creativa che, tenuto conto della sua sempre precarissima salute, sfocia in una produzione davvero ragguardevole sia per mole sia per valore. Nel 1881 e nel 1882 pubblica i saggi e le novelle, scritti fino a quella data, rispettivamente nei volumi Virginibus Puerisque e The New Arabian Nights. Sempre nel 1882 scrive Familiar Studies of Men and Books, che contiene il massimo contributo di Stevenson alla critica letteraria, con saggi su Hugo, Whitman, Thoreau, Burns. Nel frattempo la sua salute aveva risentito dello strapazzo, tanto che non gli si davano che pochi mesi di vita, e lo scrittore, dalla Scozia, dov’era tornato dopo essersi rappacificato con la famiglia, fu nuovamente costretto a vagabondare per le principali stazioni climatiche europee, da Davos a Hyères e poi a Bournemouth. Nel 1886 scrisse il romanzo storico Kidnapped (Il ragazzo rapito) e The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr Hyde (Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde). Questi romanzi contribuirono molto ad estendere quella popolarità che la pubblicazione di Treasure Island (L’isola del tesoro), avvenuta nel 1883, gli aveva procurato. Divenne amico di Henry James e scrisse anche due volumi di versi, A Child’s Garden of Verses (1885) e Underwoods (1887). Nel 1887, dopo la morte del padre, Stevenson ritornò in America, dove enorme era stato il successo di dr. Jekyll. Ma la salute cagionevole l’obbligò ben presto a ritirarsi nella stazione climatica di Saranac, dove iniziò a scrivere nel 1889 The Master of Ballantrae (Il signore di Ballantrae) e il resoconto farsesco The Wrong Box (La cassa sbagliata), finché, spinto anche dai libri d’avventure esotiche di Melville, accettò l’invito di un editore a scrivere un volume sui mari del Sud e partì, con la famiglia, per una crociera verso le isole Marchesi (Polinesia francese), Tahiti e le isole Sandwich. Il viaggio fu positivo sotto ogni punto di vista, tranne per il libro, giacché il lavoro su ordinazione non era cosa per lui. La sua salute però, sorprendentemente, migliorò in modo così notevole che lui decise di stabilirsi nel Pacifico e, dopo un’ulteriore esplorazione dei vari arcipelaghi e un soggiorno d’alcuni mesi a Honolulu (dove finì i due libri sopraccitati), stabilì la sua dimora a Upolu, la principale delle isole Samoa. Qui visse dal 1890 fino alla morte, riverito dagli indigeni che lo chiamavano Tusitala, (“narratore di storie”). A questo periodo risalgono, tra gli altri, il seguito di Kidnapped, Catriona (1893), i Records of a Family of Engineers (uscito postumo nel 1912), quattro racconti dei mari del Sud, pubblicati col titolo An Island Night’s Entertainments (1893), e parecchie ballate, poesie e raccolte d’impressioni. La morte, dovuta ad una probabile emorragia cerebrale, lo colse il 3 dicembre 1894, mentre stava scrivendo un tragico racconto sulla frontiera scozzese, Weir of Hermiston (che verrà pubblicato postumo nel 1896). È sepolto sul monte Vaea, nelle isole Samoa, dove gli fu eretto un monumento funebre. Oggi la casa di Stevenson accoglie una Fondazione e un museo in suo onore. Il suo ritratto è un celebre quadro del pittore statunitense Abbott Handerson Thayer. Sulla tomba dello scrittore vennero incisi i versi che egli stesso aveva scritto per sé qualche anno prima e che aveva voluto come suo epitaffio: I romanzi Stevenson fu essenzialmente un romanziere e, nel genere avventuroso, come in L’isola del tesoro, rimane insuperato. Tuttavia la sua cultura e la sua educazione lo portavano piuttosto al romanzo storico, ad esaltare, sulle orme di Walter Scott, le gloriose vicende della vecchia Scozia, la cui atmosfera seppe evocare pure in terre lontane, in maniera così pien e vera da non far rimpiangere il modello. Nacquero così Il principe Otto (1885), Kidnapped, probabilmente il migliore della serie, col suo seguito Catriona, The Black Arrow (1888), The Master of Ballantrae, che presentava, non senza sottigliezze psicologiche, il conflitto tra un mascalzone e un maniaco narrato da un codardo, e gli incompiuti St. Ives (1897) e Weir of Hermiston. In quest’ultimo, i difetti tipici degli altri romanzi, quali una certa artificiosità di costruzione ed un’eccessiva semplificazione, sembrano venir superati, mentre d’altro canto si ha una maggiore caratterizzazione dei personaggi (anche di quelli femminili che, trascurati fino ad allora dall’autore, vengono qui per la prima volta compresi e dipinti con viva penetrazione). L’autore eccelse anche nel racconto, sia fantastico, come quelli raccolti in The New Arabian Nights e nel seguito The Dynamiter (1885), che nell’esotico, come pure nel racconto del brivido (alla maniera di Poe) con il suo Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, in cui affrontava, in anticipo sulle teorie freudiane, il problema del subconscio e dello sdoppiamento della personalità. Fu tutt’altro che trascurabile anche la sua produzione poetica, da A Child’s Garden of Verses (1855), in cui rivive liricamente le esperienze della sua fanciullezza, a Underwoods (1887), fino a Ballads (1889) e alla raccolta postuma Songs of Travel (1896). La produzione saggistica È probabile tuttavia che la migliore produzione di Stevenson, almeno dal punto di vista stilistico, non risieda tanto nei romanzi, nei racconti o nelle liriche, quanto nei saggi, moraleggianti ma spontanei, alla maniera dello “Spectator”, e soprattutto nelle meravigliose raccolte d’impressioni che accompagnarono le sue peregrinazioni per il mondo, specialmente nelle isole del Pacifico. È nell’affascinante raccolta pubblicata postuma nel 1896, col titolo In the South Seas, che l’efficacia narrativa e descrittiva dello scrittore raggiunge il massimo splendore e meglio hanno modo di risaltare la sua enorme sensibilità e la sua fresca curiosità. A ciò contribuisce appunto lo stile, non più ornato dagli arcaismi necessari al romanzo storico, eppure ancora di chiara derivazione letteraria, da Thomas Browne e da John Bunyan. Tuttavia, se evidenti sono le derivazioni, il risultato è dei più originali, poiché lo stile di Stevenson, sin dalle prime opere caratterizzato dalla delicatezza dei ritmi e dalla limpidezza delle frasi, aveva saputo con gli anni acquistare spontaneità ed affiancarsi alla scelta del tema esotico nel significare la reazione di Stevenson all’epoca vittoriana, al suo mondo familiare e borghese e al suo stile piatto ed uniforme. Giacché Stevenson, benché vissuto nella seconda metà del XIX secolo, col suo entusiasmo per il mondo che ci circonda e col suo stupore e il suo incanto di fronte alla forza e all’intensità di una natura selvaggia e non guastata dalla civiltà, pare piuttosto da accostare all’ardore del primo romanticismo, egualmente lontano dall’ipocrisia vittoriana e dagli eccessi del realismo.