Lasciamoci diventare dialogo. Con i libri e nella vita

Ancora, lo confesso, mi pare strano, anche se non è il mio primo libro né la prima presentazione. Eppure dialogare su Un filo di voci e trovarmi nel ruolo dell’autore cui fare domande ha, questa volta, qualcosa davvero di straniante. E’ successo al Festivaletteratura di Mantova, con Lella Costa, è accaduto di nuovo in altra forma a Bari, in una delle Sere PerSé organizzate da Semi d’Aretè, associazione culturale guidata da Fabrizia Dragone e Claudio Rubini.

Con Lella Costa mi trovavo in un ambiente conosciuto e amato come Mantova, dentro una manifestazione che ho frequentato per quindici anni, fino al 2014 e in cui il mio ruolo era sempre stato quello di intervistatore o moderatore o, in due casi, di regista-sceneggiatore di spettacoli. E così, anche quest’anno, avevo provato a sfuggire dal ritrovarmi al centro della scena, mi ero preparato leggendo testi e guardando video di Lella, per giocare di rimessa ed essere pronto a mia volta a fare io domande a lei. Inevitabilmente però sul palcoscenico c’era questo libro ben affollato di scrittori con l’eco delle loro pagine, delle loro personalità, delle loro risposte. E alla fine, dopo un’ora e un quarto volata via in un attimo, spettatori e lettori che venivano a testimoniare l’emozione che avevamo trasmesso.

A Bari, una settimana dopo, in un luogo per me del tutto nuovo, il giardino di Speciale Tarshito, luogo d’arte, con atelier e mostra, che prende nome dal suo creatore, si ripete un dopo-evento di straordinaria intensità. Donne e uomini miei prossimi lettori che nel chiedere la dedica del libro testimoniano gratitudine ed emozione al termine del dialogo-intervista condotto con cura e affetto da Claudio e inframmezzato da brevi clip da Incontri preparati da Fabrizia.

Sono una cinquantina i presenti, venuti non solo da Bari, ma da Taranto, Monopoli, Alberobello perché di Semi d’Aretè si fidano. C’è anche un buon numero di uomini, che di solito latitano quando si parla di narrazioni e letteratura, e mi pare un buon segno. Ma la cosa davvero bella, qui come a Mantova, è il tipo di ascolto che si genera .“Si è creata una situazione di grande intimità” commenta Sergio al microfono. “Stasera non si è sentito l’Ego” sintetizza Tarshito. “Anche i silenzi sono stati intensi” testimonia Suzy. E i tanti sguardi commossi che precedono la richiesta delle dediche accentuano un clima vicino a essere magico.

Incontri (2006. Tarshito with Puspa Rao, Jagannath Puri, Orissa, India Inchiostri su supporto speciale Patachitra cm 108 x 80h)

C’è un’espressione che mi sembra riassumere ciò che è accaduto nel percorso verso questo libro e che non a caso ho proposto al pubblico di entrambi gli incontri: “Lasciamoci diventare dialogo”. Non è scritta in Un filo di voci, ma ne rappresenta una traccia in filigrana, scoperta a posteriori, a libro stampato.
E’ come una sintesi di quello che accade a tutti noi lettori quando troviamo un libro che ci parla e crea echi dentro di noi, ma non riguarda di certo solo le pagine scritte e il nostro rapporto con gli autori di qualunque epoca e provenienza. Riguarda il nostro essere persone, uomini e donne troppo spesso chiusi in noi stessi, presi da monologhi interiori, idee e convinzioni radicate, piccole e grandi miopie che ci portano più a voler affermare quello che pensiamo e sentiamo che a metterci davvero in ascolto dell’altro e a lasciar fluire il dialogo per essere attraversati da pensieri e parole che neppure immaginavamo.
Mi chiedo, dopo questi due incontri, in attesa dei prossimi, che cosa determini questo mio straniamento e insieme questa intesa intima con il pubblico di ascoltatori-lettori. Probabilmente, azzardo, è il mescolare i ruoli e riconoscere le affinità e le connessioni. Quando parlo in pubblico di questo libro continuo a sentirmi più lettore che scrittore, perché le parole e le riflessioni che si ritrovano in ogni pagina nascono a loro volta da altre pagine, da altre esperienze, da altre narrazioni, da altre vite, che si sono incrociate per caso o per scelta con la mia. Oggi che ne ho ritrovato un filo e intessuto una trama, che ha assunto la forma di un libro, mi piace condividerle con altri lettori come me, perché in questo speciale e infinito gioco di specchi continuiamo sempre di più a lasciarci diventare dialogo, eco, narrazione. E’ questo in fondo il gran bel gioco della letteratura e della vita. 

Immagine in evidenza: Tarshito Connected boat (2016). Realizzazione: Prodip Pal, Gokul Pal, Suresh Pal, Bashanta Saker, Azahar Ali, Niranjan Sarjar, Nanda Sarkar e Sukanta Banik. Scultura in bronzo con tecnica a cera persa. cm 68 x 20 x 40

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Città Isaura

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